giovedì, Maggio 16, 2024
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Lunar Lander Beyond – La nostra recensione

Siamo di fronte ad una reinterpretazione di un classico ben riuscita

Capitano Meniac a rapporto

Atari sta vivendo una seconda vita e se la sta godendo grazie all’evoluzione di molti giochi che hanno reso i loro arcade games e le loro console famose in tutto il globo.

Stavolta è il turno di Lunar Lander, gioco vettoriale del 1979 che ha dato poi i natali a moltossime altre trasposizioni del genere. Ecco quindi finire nelle nostre mani Lunar Lander Beyond, un titolo che potenzia la formula dell’ originale grazie ad alcune introduzioni che danno un boost significativo al gameplay e alla lore del gioco.

E’ tutta una questione di fisica

Lunar Lander Beyond rispetta il sapore arcade del titolo originale introducendo però all’interno del gioco molte novità.

Prima su tutte la storia. Già, avremo una storia in formato novel, disegnata a mano, da poter seguire che, se pur non eccella in scrittura, riesce comunque nell’intento di contestualizzare le nostre azioni in-game e dare un senso al tutto.

Inoltre il gioco, nei panni di piloti della Pagasus Corporation, vi proporrà missioni piuttosto varie che spazieranno dal recupero di persone, raccolta di merci varie ed esplorazione attraverso 5 corpi celesti e più di 30 missioni.

Man mano che avanzeremo nelle missioni sbloccheremo nuovi piloti e nuove navicelle, ognuna con attributi unici e nuove tecnologie da poter applicare per migliorare il nostro continuo combattere la fisica, perno del gameplay in generale come giusto che sia.

A questo aggiungete anche il livello di stress del vostro pilota, stress che si accumulerà durante le missioni ed influenzerà il comportamento dello stesso, tanto da doverlo mandare in terapia e sostiuirlo con un pilota con un livello di addestramento minore, oltre al dover sempre buttare un occhio alla nostra riserva di carburante e spesso anche ad un implacabile timer.

Inoltre sono presenti diversi livelli di difficoltà tra cui spicca la modalità permadeath, per tutti quei giocatori che ricercano l’hardcore in ogni pulviscolo spaziale.

Veniamo al dunque

Non ho amato particolarmente lo stile grafico adottato (pura soggettività, ndr), al netto delle cut-scene. Per quanto tutto sia colorato e ben disegnato, trovo che in-game il design risulti troppo cartoonesco, in particolare la nostra navicella che sembra più uno sticker a tema sci-fi che una qualcosa di altamente tecnologico.

I controlli sono precisissimi e non poteva essere altrimenti. Un breve tutorial introduce alle meccaniche base e poco dopo ci si ritroverà a compiere la nostra prima missione di recupero e atterraggio.

Il design degli stage è sfidante e spessissimo gli scenari includono zone bonus che richiedono una buona padronanza dei movimenti nello specifico ambiente al fine di riuscire a sprecare meno carburante possibile e tornare indietro verso il punto di atterraggio stabilito.

Siamo di fronte ad una reinterpretazione di un classico ben riuscita. Mantenere il mood del gioco originale, veleggiando verso altri territori senza snaturarlo troppo, introducendo anche una storia e modernizzando un ormai più che abusato sistema di fisica, non era scontato.

Il gioco funziona e diverte nel suo spingere il giocatore a dosare ogni singola pressione dei tasti e abilità equipaggiata, al fine di riuscire a districarsi tra scenari irti di pericoli vari e magari anadre alla caccia del migliore punteggio possibile in pieno stile arcade.

Pollice in su, senza remore.

Augh!